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mercoledì, 2 Luglio 2025

Fondato da Gianfranco Cusumano

Milazzo, nessun responsabile per la morte del sottufficiale Aurelio Visalli. Così l’ordinanza

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Non ci sono stati responsabili per la morte di Aurelio Visalli, il sottufficiale quarantenne della Guardia costiera della Capitaneria di Milazzo che il 26 settembre 2020 morì per salvare un ragazzo nel mare in tempesta del Tono. Prosciolti i due i sottufficiali della Guardia costiera che intervenirono con Visalli. Emanuele Sufrà, 42 anni, e Francesco Amante, 43 anni, entrambi di Messina, erano indagati per l’ipotesi di omicidio colposo. Nell’ordinanza del gip Giuseppe Sidoti che ha depositato l’atto con cui accoglie la richiesta dei della Procura e ordina l’archiviazione, si è stabilito che i due militari «nell’espletamento delle rispettive mansioni hanno osservato le disposizioni che regolavano l’intervento, senza impartire alcuna disposizione né omettendo qualsivoglia osservanza a diverse regole prudenziali che possano essere individuate come causa del decesso del loro collega». Sui due militari è stata disposta l’archiviazione, come chiesto dalla Procura.

Dal settembre 2020 ad oggi sono state due le inchieste aperte sulla tragica vicenda, di cui la seconda scaturita da un supplemento di indagini approfondite con la perizia di un collegio di esperti e un incidente probatorio. «In forza delle plurime acquisizioni, della puntuale ricostruzione operata, anche grazie al contributo professionale fornito da periti di indiscussa competenza e professionalità – continua Il gip Sidoti –  nella vicenda in esame non si ravvisano profili di responsabilità nella causazione del decesso di Aurelio Visalli, che a prezzo della propria vita ha onorato la sua appartenenza alla Guardia costiera, operando al fine esclusivo di salvare una vita in mare».

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Il giudice per le indagini preliminari si ferma pure sull’inquadramento professionale di Visalli che sulle motovedette aveva mansioni tecniche e sul fatto che l’intervento non sarebbe rientrato nel suo inquadramento professionale.  «Si tratta di considerazione – scrive Sidoti – che, anzitutto, costituisce un torto palese all’abnegazione del sottufficiale ed alla sua determinazione ad operare nell’unico modo percorribile pur di salvare il giovane alla deriva: il Visalli era plurititolato ad operazioni di salvataggio in mare aperto, in condizioni di più accentuata pericolosità e rischio; nel caso di specie, peraltro, l’intervento non era stato deciso con ordine superiore, ma con valutazione condivisa dall’intero equipaggio e procedendo tutti insieme nelle manovre concordate».

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