Come si può pensare ancora di salvare dall’abbandono quattro assi di legno marce, lasciate da immemorabili decenni su quell’angolo di marciapiede, in virtù di una memoria che non esiste più in città?
Chi potrebbe oggi raccontare che a Milazzo esisteva una tonnara se nessuna memoria è stata tramandata ai giovani e nessuna testimonianza è sopravvissuta sul territorio di quel passato “industriale” che ha caratterizzato la nostra città? Il tono è semplicemente la più bella località di mare di Milazzo. E il museo della tonnara è un’accozzaglia di roba stipata in due stanze di fortuna nel monastero delle Benedettine al Castello. Se le associazioni cittadine – che oggi lanciano l’ennesimo appello per il salvataggio del relitto – in tutti questi anni di comunicati congiunti avessero messo da parte un euro al giorno per tutti i loro soci, a quest’ora avrebbero restaurato il Titanic, non il palischermo di San Tommaso.
Perché a Milazzo – fatte le dovute eccezioni – buona parte dell’associazionismo è uno status (quasi divino), non un’occasione per fare. È il rifugio per la critica elevata, adatta a tutte le stagioni e a tutte le amministrazioni.E se il palischermo è in quello stato vergognoso e irrecuperabile, non è certo unica responsabilità delle amministrazioni che si sono succedute. Anzi, il palischermo è forse proprio l’emblema massimo di quella apatia civica a cui nessun restauro potrà mai porre rimedio.
Luca Formica
Non mi pare che ci sia tanto da salvare. Ormai sono 4 pezzi di legno fradicio che non sono buoni nemmeno per il caminetto.